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Febbre

Febbre

È più di un anno, ormai, che Alfredo è divorato da una febbre, che non accenna a placarsi.

Tutto è cominciato in un tardo pomeriggio estivo, quando il sole accennava a dare tregua alle teste che si affannavano sotto di lui.

Poco prima di giungere a casa sua, aveva visto aprirsi una porta, appena dieci numeri civici prima del suo.

Ne era uscita una donna che probabilmente aveva un’età vicina alla sua, piccola e formosa, vestita da massaia, con un grazioso, lindo grembiule da cucina.

Si era chinata ed aveva rifornito di cibo una ciotola, probabilmente destinata ai gatti randagi del quartiere.

Alfredo non aveva potuto fare a meno di notare la grazia del gesto. Passando davanti alla donna, aveva notato i suoi piedi piccoli e curati. Lei, sempre stando chinata, aveva sollevato il viso e gli aveva rivolto un luminoso sorriso, quasi a volersi scusare per l’intralcio che frapponeva al suo cammino. Egli ne era stato affascinato. Avrebbe voluto fermarsi, dire qualcosa, ma non aveva trovato le parole giuste. Aveva, a malincuore, proseguito il cammino senza voltarsi. Arrivato davanti a casa sua, mentre toglieva dalla tasca la chiave per il suo cancello, si era girato per godersi ancora la visione di lei. Giusto in tempo: con la stessa grazia con la quale si era chinata, si era rialzata, con le mani si era aggiustata la sottana, ed era rientrata a casa.

Da allora Alfredo non l’ha più rivista. È ripassato tante volte davanti a quella casa, sperando vanamente di vederla ricomparire.

Ogni tanto si chiede se non sia stata un’apparizione magica, o semplicemente una sua allucinazione. Però la ciotola è sempre lì, e qualcuno evidentemente la rifornisce.

Alfredo vorrebbe andare a bussare a quella porta, ha elaborato mille pretesti per farlo, ma non ne ha il coraggio, e la febbre continua a divorarlo.