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Il giustiziere

Il giustiziere

Enrico è un ragazzo solitario, non ha ancora compiuto trent’anni.

Ha un solo grande amore: una pistola Walther P22 Standard, che detiene illegalmente. Canna di 87 millimetri, linea di mira di 130 millimetri, caricatore monofilare da dieci colpi, 430 grammi di peso.

Con lei, passa interminabili pomeriggi ad esercitarsi, nelle campagne venete.

Dopo cena la porta a spasso per le strade di Padova, in una fondina ascellare. Va in giro sino a dopo mezzanotte, e aspetta la sua occasione.

Dopo qualche anno di quel singolare passatempo, l’occasione arriva.

Sente un lamento provenire da un vicolo, sembra una voce femminile.

Affretta il passo, e si ferma all’entrata del vicolo, lungo circa trenta metri. Cinque giovani individui stanno addosso ad una donna di circa cinquant’anni, gonna al ginocchio, sotto la quale quelli infilano continuamente le mani, mentre vomitano sulla donna insulti in una lingua sconosciuta.

La donna si lamenta, li scongiura di lasciarla andare, ma loro non smettono di toccarla. Le hanno già sfilato la camicetta, ed ora si accingono a fare altrettanto con le mutandine.

Enrico osserva attentamente, sinché uno di quelli, il più giovane e magro, si accorge di lui. Gli lancia uno sguardo scintillante di sfida, estrae un coltello, fa scattare la lama.

Gli altri invece si disinteressano di lui, si abbassano la cerniera dei pantaloni e pregustano la festa.

Enrico fa qualche passo, porta all’aria con naturalezza la sua piccola pistola, con la mano destra leva la sicura, e raddrizza il braccio sinistro, sino a quando è parallelo al suolo.

Il ragazzo munito di coltello percepisce il pericolo, gli si precipita incontro, ma si scontra con un proiettile che gli frantuma il naso, e gli si infila nel cranio.

Mentre quello si affloscia, gli altri si rendono conto che la festa è finita. Si scagliano contro Enrico, ma arrivano prima quattro proiettili, uno cadauno, stavolta nel petto.

Enrico avverte un’ebbrezza mai provata. Mentre quelli ormai sono a terra rantolanti, gli si accosta premuroso, e a ciascuno somministra il colpo di grazia, sparandogli in bocca. Il caricatore è esaurito.

Mentre la donna lo guarda inebetita, all’entrata del vicolo compare un poliziotto, punta una pistola verso Enrico e grida: «Mani in alto!».

Passano lunghi secondi, Enrico, tranquillo, poggia la pistola in terra, e alza le mani.

Il poliziotto guarda, ragiona febbrilmente, ed infine capisce.

Quasi sottovoce, ordina ad Enrico: «Prendi la tua pistola e vattene».

Enrico lo guarda incredulo, ed allora il poliziotto urla: «Vattene!».

Enrico raccoglie la pistola, la infila nella fondina, esce dal vicolo e scompare nella notte.