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La scelta del nome

La scelta del nome

Quando seppe che sarebbe diventato padre, Agostino Sansone sentì, se fosse stato possibile, un amore ancora più grande per la donna che sarebbe stata la madre di suo figlio. Poi cominciò ad occuparsi di tanti problemi pratici, piccoli e grandi, sino ad imbattersi nella questione del nome. Raggiunse rapidamente un accordo con la futura madre: la scelta, insindacabile, sarebbe spettata a lui oppure a lei, a seconda del sesso del nascituro. Ciascun genitore avrebbe avuto il diritto di scegliere il nome per il neonato del proprio sesso.

Fu così che Agostino Sansone cominciò le sue elucubrazioni sul nome maschile da scegliere, se la sorte l’avesse favorito.

Pensò subito, da lombardo doc, a nomi come Ludovico, Galeazzo, Ambrogio, addirittura Sigfrido, ma nessuno di questi lo soddisfece minimamente.

Mille pensieri gli attraversavano la mente.

Alla fine comprese perché non voleva per suo figlio nomi altisonanti e pretenziosi. «Mio figlio», pensò, «sarà un bambino che nasce fortunato, con due genitori che si amano molto e che lo riempiranno di amore e di attenzioni. Solo una piccola parte dei bambini che nascono in questi giorni e che nasceranno nei prossimi anni avranno quello che avrà lui. Perciò io voglio che abbia, oltre alla salute, almeno un’altra piccola grande dote: l’umiltà. Egli dovrà essere consapevole della sua fortuna, e non dovrà in alcun modo abusare di essa, neppure nel chiuso del suo animo. Voglio dargli, allora, un nome umile, un nome da sfigato, come si dice oggi. Lo chiamerò Gennaro».