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Un avvocato

Un avvocato

Il cadavere dell’avvocato Mazzini era ancora caldo, quando la moglie aprì la busta indirizzata a lei.

La polizia stava ancora eseguendo i rilievi, per accertare che si trattasse proprio di suicidio, come sembrava a prima vista.

La donna si rese conto che probabilmente aveva fatto male a prelevare la busta prima dell’arrivo della polizia. Ora avrebbe dovuto spiegare che non si era potuta trattenere, che l’orrore era stato troppo grande per non precipitarsi su quella che prometteva di essere una spiegazione.

Dopo aver letto una lettera di quattro pagine scritta al computer e stampata con la stampante dello studio del marito, la moglie restò impietrita.

Per tre anni di seguito il fatturato del marito si era più o meno dimezzato ogni anno, cosicché l’ultimo era approssimativamente pari ad un ottavo di quello di tre anni prima.

Eppure lei non si era accorta di nulla. Il tenore di vita della famiglia era rimasto invariato. Nessuna pretesa di economie le era stata rivolta dal marito.

Ora sapeva che tutto ciò aveva portato ad esaurire i pur consistenti risparmi familiari. Lo seppe da una lettera dalla quale non traspariva alcuna amarezza, ma solo la preoccupazione che tutto proseguisse senza problemi dopo la morte di chi l’aveva scritta. Seppe che in cassaforte avrebbe trovato altre lettere: una per l’avvocato Albertazzi, al quale il defunto aveva affidato il compito di curare la pronta riscossione del milione di euro dovuto dall’assicurazione sulla vita; una per l’avvocato Cottarelli, già consigliere della Cassa di Previdenza degli avvocati, cui spettava di assistere la vedova affinché le fosse pagata appena possibile la pensione di reversibilità; una per l’avvocato Martinelli, incaricato di recuperare gli ingenti crediti vantati dall’avvocato Mazzini nei confronti dei propri clienti; una per l’avvocato Fortunato, vecchio amico d’infanzia, esperto di successioni, affinché curasse la puntuale esecuzione delle disposizioni del testamento pubblico sottoscritto un mese prima dall’avvocato Mazzini davanti al notaio Pirisi; una per la stessa vedova, con tutte le credenziali necessarie per accedere via internet ai conti correnti del marito, nonché una miriade di informazioni che il defunto aveva minuziosamente predisposto in vista di numerosi adempimenti, a cominciare dal pagamento della retta della prestigiosa università inglese frequentata dalla figlia Silvia.

L’avvocato Mazzini lasciò anche due lettere manoscritte per i due figli.

A Silvia, la maggiore, scrisse una lettera traboccante di affetto e di orgoglio paterno.

Al piccolo Marcello, che quell’anno avrebbe sostenuto l’esame di maturità, scrisse invece una lettera nella quale esprimeva il rincrescimento per non potergli fare da maestro perché potesse proseguire la professione paterna. Gli sconsigliò di iscriversi in giurisprudenza, e comunque di provare a diventare avvocato. Nell’ipotesi in cui, nonostante tutto, manifestando la sua nota testardaggine, avesse voluto intraprendere quella strada, gli indicava i nomi di alcuni colleghi, rigorosamente in ordine di preferenza, ai quali avrebbe potuto chiedere di fare la pratica forense presso il loro studio.

Le due lettere erano contenute nello stesso plico indirizzato alla moglie dell’avvocato Mazzini, la quale pertanto ebbe la possibilità di leggerle subito dopo quella indirizzata a lei.

Solo dopo aver completato anche quella lettura si rese compiutamente conto della morte del marito, e scoppiò in un pianto dirotto.