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La morte del figlio

La morte del figlio

Cristiano Puppolo perse un figlio, morto di leucemia a cinque anni e mezzo.

Tutti gli dissero, in modo più o meno rozzo, che avrebbe dovuto farsene una ragione; che aveva altri due figli, e una moglie, che avevano ancora più bisogno di lui.

Fu tutto inutile, perché Cristiano restò come paralizzato.

Accettò docilmente tutti i consigli, compreso quello di andare da uno psicologo, e poi da uno psichiatra che gli prescrisse successivamente numerosi farmaci, i quali tuttavia non lo aiutarono minimamente.

Frequentò un gruppo di genitori che avevano perso un figlio come lui, e in qualche modo provavano a farcela.

Cristiano non ce la fece.

Perse il lavoro, poi la moglie e i figli.

Si chiuse in casa e non volle più uscire. Non ne aveva la forza. Con suo grande sollievo, smise di ricevere visite. Solo una vecchia zia, un paio di volte al mese, andava a rassettargli la casa e gli portava qualcosa da mangiare.

Un giorno trovò la porta aperta, e Cristiano non c’era. La vecchia zia si diede da fare, e telefonò a tutti quelli dai quali poteva essere andato. Nulla.

Solo un mese dopo si scoprì che l’uomo denutrito, diviso in tre parti da un treno che stava entrando in stazione, erroneamente ritenuto un senzatetto, era Cristiano.