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Libertà senza responsabilità?

Libertà senza responsabilità?

Avevamo appena finito di discutere degli ultimi “scioperi” degli avvocati, giustificati, tra l’altro, con l’opposizione alla ventilata estensione ai difensori della responsabilità aggravata prevista dall’articolo 96 del codice di procedura civile («Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza»). Limita la libertà degli avvocati, dicevano.

Abbiamo allora iniziato a discutere di responsabilità civile “diretta” dei magistrati, anche qui per dolo o colpa grave. Levata di scudi della benemerita Associazione Nazionale Magistrati: limita la libertà dei magistrati! Ed ovviamente è incostituzionale.

L’argomento è venuto subito a noia, cosicché siamo passati a parlare della cosiddetta immunità parlamentare. Questione diversa, perché qui non si tratta di escludere la responsabilità, ma di subordinarne la sua concreta manifestazione al consenso dei colleghi parlamentari.

Tra i tanti mali dell’Italia, la continua fuga dalla responsabilità dei suoi cittadini mi sembra quello più costante e più evidente. Nessuno vuol rispondere di quello che fa; tutti vogliono essere “liberi” di fare quel che più gli aggrada.

C’è però qualcosa che non convince in questo concetto di libertà come assenza di responsabilità.

Uno dei più noti aforismi di George Bernard Shaw suona così: «La libertà significa responsabilità: ecco perché molti la temono». Da noi invece suona così: la libertà significa assenza di responsabilità. Ecco perché tutti la pretendono.

E sì che siamo un paese cattolico. Non è forse nel Catechismo della Chiesa Cattolica che sta scritto (paragrafo 1733): «Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. Non c’è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia. La scelta della disobbedienza e del male è un abuso della libertà e conduce alla schiavitù del peccato»?

Qui salta fuori un altro cronico vizio nazionale: siamo un popolo di «credenti non praticanti». Esistono clamorose divergenze tra declamazioni e comportamenti.

La nostra continuamente  sbandierata volontà di diventare un paese normale è destinata a rimanere inattuata, sino a quando queste divergenze non diventeranno di entità trascurabile.

Comincio io.

Credo di non aver mai assistito una parte, soccombente in un processo, che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Non intendo farlo nemmeno in futuro, ma, dato che voglio essere libero, chiedo che il parlamento estenda ai difensori la responsabilità aggravata prevista dall’articolo 96 del codice di procedura civile.