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Tragedia familiare

Tragedia familiare

Alla fine di un pranzo, il novantunenne Genesio Demela ebbe una lite con la moglie Faustina Rozzo, ottantottenne, per motivi certamente futili.

La moglie si alzò da tavola adirata, ed abbandonò la cucina per sottrarsi all’antipatica discussione.

Il marito prese la fuga come un’intollerabile ingiuria, e perse il controllo di sé. Recuperò con insospettabile agilità un martello dallo scaffale nel ripostiglio, raggiunse la moglie e, con un’unica martellata ben assestata, le ruppe il cranio. Quando la vide esanime a terra, con la chiazza di sangue che si allargava rapidamente intorno alla sua testa, riacquistò improvvisamente una perfetta tranquillità. Lavò accuratamente il martello nel lavandino della cucina, quindi lo ripose al suo posto. Salì al piano superiore, prese il fucile da caccia ormai inutilizzato da anni, lo caricò a pallettoni, e tornò in cucina.

Per qualche minuto rimase immobile col fucile in mano, incerto sul da farsi.

Sentì che qualcuno apriva la porta di casa. Capì che si trattava del figlio Agenore, sessantenne, quando lo udì gridare disperatamente: «Mamma!». Allora si alzò, raggiunse suo figlio che era rimasto inebetito davanti al cadavere della madre, e gli sparò in faccia a bruciapelo.

Mentre il figlio agonizzava, prese il telefono e chiamò la figlia. Appena costei rispose: «Vieni subito, è morta mamma», disse, e mise subito giù.

Poi andò a ricaricare il fucile.