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Vincita

Vincita

Dopo aver vinto più di cinque milioni al superenalotto, Alfredo Moreno divenne molto sospettoso.

Temeva che quella inattesa fortuna potesse attirargli chissà quali sciagure, se solo qualcuno ne fosse venuto a conoscenza. Sfruttò ogni pretesto per litigare con la moglie, sino a quando quella, esasperata, non chiese la separazione.

Lui se la cavò con poco, perché andò via di casa e perché il suo modesto stipendio da impiegato non gli avrebbe consentito di corrispondere un contributo per il mantenimento della moglie superiore a poche decine di euro mensili.

Prese in affitto un decoroso appartamentino ammobiliato di due stanze in un quartiere di scarso prestigio, popolato prevalentemente da immigrati.

I soldi li divise in due banche improbabili, e acquistò buoni del tesoro poliennali.

Prese a vivere in modo gramo, assai più di quanto non avrebbe fatto nella sua vita precedente.

Riceveva gli estratti conto, li scrutava avidamente, li conservava gelosamente, ed era felice.

Tirò avanti così per più di trent’anni.

Alla sua morte, tutti i nipoti, avendolo conosciuto come uomo miserabile, e non volendo pagare le spese del suo funerale, rinunciarono all’eredità. Solo uno non se la sentì di compiere quell’insulto verso lo zio. Gli assicurò un funerale austero, secondo lo stile di vita del defunto, e passò a ritirare le povere cose lasciate dallo zio. Scoprì così che questi, al momento della morte, era titolare di depositi bancari e titoli per più di venti milioni di euro.

Ne fu sorpreso, e, da un lato, addolorato.

Cercò di rallegrarsi per l’inattesa fortuna, ma non ci riuscì. Non se la sentì di godersi quei milioni trasudanti sofferenza.

Diede tutto in beneficienza, dopo aver trattenuto i soldi spesi per il funerale dello zio.